Patologie

Come capire se un bambino è dislessico e come aiutarlo

10/10/2022 - Tempo di lettura: 3 minuti

​​La dislessia è il più conosciuto fra i disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) e implica una lettura più lenta e/o meno corretta rispetto alle aspettative, in base all'età o alla classe frequentata.

 

Oggi la dislessia è molto diffusa: in Italia, secondo il MIUR, sul numero totale degli alunni della scuola primaria e secondaria, quelli che presentano DSA sono circa il 3% e, tra questi, oltre il 50% sono dislessici.

 

In questo articolo vediamo come riconoscere questo disturbo per tempo e quali sono le modalità pratiche che consentono di gestire la quotidianità di un bambino dislessico.

Cos'è la dislessia

La dislessia consiste in una difficoltà nella lettura che si manifesta come conseguenza dell'incapacità di far corrispondere un grafema, cioè la rappresentazione grafica della lettera, a un fonema, ovvero un'unità sonora base del linguaggio.

 

Inoltre, siccome i DSA riguardano problematiche specifiche e non deficit cognitivi generali, l'intelligenza dei bambini dislessici rientra nei valori di norma ed è una caratteristica permanente del soggetto, che si manifesterà nel corso di tutta la sua vita.

Le cause della dislessia

Attualmente le cause che sottostanno alla dislessia non sono ancora chiare, sebbene evidenze scientifiche propendano per un'origine genetica e neurobiologica associata a fattori di rischio ambientale.

In particolare, i più recenti studi parlano di un problema di connettività visuo-verbale tra le aree più anteriori a livello cerebrale e quelle posteriori. Ciò è anche dimostrato dal fatto che non tutti i bambini dislessici hanno manifestato un disturbo del linguaggio pregresso, e non tutti i bambini con disturbo del linguaggio manifesteranno un disturbo dell'apprendimento in età scolare.

 

I disturbi specifici di apprendimento si manifestano in circa il 5% della popolazione (se facciamo riferimento alle lingue a ortografia regolare, come l'italiano), ma se si considera una popolazione che ha avuto un disturbo primario di linguaggio in età prescolare la percentuale varia dal 25 al 65%. Questo a dimostrazione del fatto che esiste una continuità tra il disturbo del linguaggio orale e il disturbo del linguaggio scritto.

Un bambino che non ha una buona padronanza fonologica farà fatica a manipolare i suoni della lingua per leggerli e scriverli. Quindi, la presa in carico dei bambini che manifestano uno sviluppo del linguaggio tardivo e/o atipico deve essere precoce, meglio se alla scuola dell'infanzia.

Come si riconosce un bambino dislessico

Dal momento che la dislessia interessa la capacità di lettura e il suo apprendimento, si può già individuare durante i primi anni di scuola. Non è detto che problemi di apprendimento indichino necessariamente la presenza di un disturbo dislessico, ma se si osservano delle difficoltà nell'apprendimento della lettura è bene prenderle come campanello d'allarme.

 

In particolare, la letteratura evidenzia un legame importante tra lo sviluppo delle abilità di linguaggio e i successivi successi scolastici, attribuendo ai disturbi del linguaggio il ruolo di predittori più affidabili di DSA.

 

Siccome i sintomi sono variabili da soggetto a soggetto, vediamo alcuni segnali anticipatori che possono essere predittivi dello sviluppo futuro del DSA.

Bambini in età prescolare

Usualmente, i bambini fra i 3 e i 5 anni soggetti a rischio di dislessia manifestano in numero variabile di questi comportamenti:

  • cominciano a parlare in ritardo;
  • fanno fatica nel linguaggio parlato e nella costruzione della frase;
  • pronunciano le parole lunghe in modo scorretto o invertendo l'ordine delle lettere all'interno delle parole;
  • faticano a imparare le lettere dell'alfabeto;
  • mostrano difficoltà a memorizzare filastrocche e frasi in rima.

Bambini in età scolare

Se si considera, invece, il periodo successivo, che comprende gli anni tra i 6 e i 14, i soggetti dislessici si riconoscono perché:

  • imparano con difficoltà i nomi e i suoni delle lettere;
  • capovolgono o ruotano lettere e cifre, per esempio “6" invece di “9" o “b" invece di “d";
  • durante la lettura scambiano consonanti simili visivamente “q" – “p" o fonologicamente “b" – “d";
  • invertono l'ordine delle lettere all'interno delle parole;
  • leggono lentamente e in modo poco fluente, con tanti errori come scambi, omissioni e aggiunte;
  • saltano le righe e/o le parole;
  • apprendono con fatica le sequenze, come i giorni della settimana o l'alfabeto.

Disturbi associati

Oltre ai sintomi segnalati sopra, il bambino dislessico può presentare altri disturbi associati, come per esempio:

  • la difficoltà di scrittura e di calcolo;
  • fatica nella concentrazione e a mantenere l'attenzione;
  • problemi di coordinazione motoria;
  • difficoltà di memoria e di organizzazione;
  • bassa autostima e scarsa motivazione ad apprendere.
Infine, se il bambino non conosce ancora le motivazioni delle sue difficoltà, può percepire disagio, sentirsi inadeguato e avere problemi di autostima.

La relazione tra i disturbi del linguaggio e la dislessia

Alcuni bambini possono presentare in età prescolare problemi nello sviluppo del linguaggio e dimostrare difficoltà nell'uso e/o nella comprensione della lingua parlata, come per esempio avere difficoltà a pronunciare le parole, acquisire il vocabolario e/o apprendere le regole grammaticali della lingua. Quando questi deficit sono gravi e inaspettati, la diagnosi può essere di un disturbo primario del linguaggio, alla cui base sussistono fattori neurologici e genetici.

Dislessia e disturbi primari del linguaggio possono coesistere, ma è bene ricordare che si tratta di due deficit dello sviluppo distinti. Alla luce di questo, si può affermare che i bambini con dislessia possono avere alcune difficoltà nel linguaggio orale (oltre alla fonologia), ma solo quando queste difficoltà sono gravi si diagnostica anche un disturbo primario del linguaggio. Analogamente, i bambini che presentano disturbi primari del linguaggio sono considerati dislessici solo quando dimostrano difficoltà significative nella lettura delle parole e nell'ortografia.

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La diagnosi

Nel momento in cui i genitori nutrono il sospetto che ci siano segnali di probabile dislessia, possono confrontarsi con gli insegnanti e con il pediatra per essere indirizzati a un'eventuale visita specialistica.

 

In generale, si attende la fine della seconda primaria per diagnosticare una dislessia.

 

La diagnosi di dislessia ufficiale deve essere certificata da specialisti accreditati dal sistema sanitario nazionale, come neuropsichiatra, psicologo e logopedista. La diagnosi ufficiale è importante perché consente di avviare misure che assicurino all'alunno un percorso scolastico sereno, in particolare grazie alla formulazione di un piano didattico personalizzato che la scuola utilizzerà come riferimento.

La valutazione: come avviene

La famiglia può richiedere una valutazione specialistica seguendo le modalità previste dall'Art. 3 della Legge 170/2010. L'accertamento avviene:

  • attraverso colloqui con la famiglia e con il bambino;
  • tramite l'esecuzione di test specifici, fra cui quelli che valutano il livello cognitivo generale, le abilità di linguaggio e lo stato dell'apprendimento scolastico.

​Una volta accertata la dislessia, si procede alla stesura di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), dove si indicano strategie e strumenti per facilitare l'apprendimento dello studente senza modificare i contenuti del programma scolastico previsto per la classe.

Gestione del bambino dislessico

Il trattamento della dislessia richiede sinergia tra famiglia, bambino e operatori sanitari coinvolti. In generale, è bene far partire le misure riabilitative il prima possibile e intraprendere un percorso di potenziamento o di trattamento adeguato alle difficoltà osservate durante la frequenza della scuola elementare e media.

 

Il trattamento, infatti, mira:

  • a facilitare l'apprendimento delle regole di conversione fra lettere e suoni
  • al miglioramento della lettura (velocità e correttezza);
  • a favorire la consapevolezza fonologica.

In Italia la Legge 170/2010, oltre alla didattica personalizzata, prevede di applicare anche misure didattiche di supporto come gli strumenti compensativi e le misure dispensative, insieme a verifiche e valutazioni tarate sulle necessità formative degli studenti.

Gli strumenti compensativi sono ausili didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta, come ad esempio schemi, mappe concettuali, audiolibri, sintesi vocale e software specifici.

Le misure dispensative, invece, consentono al soggetto dislessico di non svolgere determinate prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose, come ad esempio la lettura ad alta voce o il dettato.

Il ruolo dei genitori

I genitori hanno un ruolo importante nel percorso didattico del bambino dislessico, perché possono svolgere alcune attività che lo aiutano molto, come per esempio:

  • leggere al bambino, ascoltare migliora il vocabolario e incoraggia l'interesse per la lettura;
  • leggere insieme, favorisce la discussione e la riflessione sulle tematiche della storia
  • rileggere più e più volte il libro preferito dal bambino, perché rafforza la comprensione e la familiarità con il testo;
  • rendere la lettura divertente, perché così si impara meglio.
Inoltre, il loro supporto è fondamentale per promuovere l'autostima del bambino e incoraggiarlo mentre impara.

I professionisti Dyadea per aiutare i bambini con dislessia

Il polo pediatrico allestito all'interno dei centri medici Dyadea dispone di una serie di specialisti preziosi per la diagnosi e soprattutto per il trattamento della dislessia nei bambini. Dal logopedista​ in primis, fino allo psicologo e al neuropsichiatra, possono aiutare le famiglie di bambini dislessici ad affrontare il percorso terap​eutico con serenità e supporto.