Tipi di ernia iatale
Si possono distinguere
tre tipi di ernia iatale:
-
ernia iatale da scivolamento: è la forma
più comune. Vede l'ernia entrare e uscire dalla cavità toracica a seconda delle
pressione esercitata sull'addome. Questa forma è caratteristica dei pazienti che sono in sovrappeso e i sintomi si manifestano quando il soggetto è sdraiato a faccia in su;
-
ernia paraesofagea: in questo caso la parte superiore dello stomaco
rimane intrappolata nella cavità toracica, a lato dell'esofago, in modo permanente. Questa condizione si manifesta con dolore toracico, gonfiore, eruttazione e difficoltà nella deglutizione. Rappresenta la forma
più grave del disturbo perché si verifica anche un ridotto apporto ematico dovuto allo strozzamento. Richiede pertanto un
intervento chirurgico immediato;[1] [2]
-
ernia mista: è una condizione in cui sono presenti sia l'ernia da scivolamento sia l'ernia paraesofagea, ma si manifesta molto raramente.
Ernia iatale: cause
Le cause di questo disturbo non sono ancora chiare, si suppone che potrebbe essere provocata da un
rilassamento delle fasce di tessuto che fissano l'esofago e il diaframma all'altezza dello iato. Non si esclude la possibilità che l'indebolimento dello iato diaframmatico possa dipendere da
componenti genetiche.
Tra i
fattori che possono favorire la comparsa dell'ernia iatale,
i più comuni sono:
- una congenita apertura
più larga del normale dello iato diaframmatico;
-
traumi localizzati all'addome;
- eccessiva contrazione dei muscoli addominali, provocata da
tosse,
vomito,
sforzi durante l'evacuazione o per sollevamento di pesi;
-
rilassamento del diaframma, dovuto all'avanzare dell'età;
-
gravidanza, perché provoca un aumento della pressione addominale.
I sintomi dell'ernia iatale
In molti casi l'ernia iatale è
asintomatica, poiché le sue dimensioni spesso sono irrilevanti. Quando compaiono dei disturbi, sono per lo più associati al possibile passaggio nell'esofago di cibo o liquidi contenuti nello stomaco.
Tali sintomi si possono distinguere in:
-
alitosi;
-
eruttazioni frequenti e senso di
gonfiore;
- difficoltà o dolore nella
deglutizione;
-
nausea;
-
bruciore allo stomaco, in particolare a seguire i pasti;
- rigurgito acido.
Se i sintomi persistono oltre le tre settimane è consigliato rivolgersi al medico di famiglia per verificare lo stato di salute. È invece necessario richiedere una visita medica urgente se si manifestano questi disturbi:-
dimagrimento senza apparente motivo;
- peggioramento vistoso nella
deglutizione;
-
vomito frequente;
- tracce di
sangue nel vomito;
- parte alta dell'addome dolorante.
Il
reflusso gastroesofageo non sempre è associato all'ernia iatale, sebbene in questa condizione ne sia favorito.
Nei casi di ernia paraesofagea, per quanto raramente, può capitare che l'ernia abbia un aumento di volume tale da provocare disturbi respiratori,
anemia e la comparsa di
ulcerazioni sanguinanti nello stomaco.Come accertare l'ernia iatale
Quando i sintomi sono lievi, solitamente è sufficiente un
ciclo di terapia impostata dal medico di base o dal gastroenterologo.
In presenza di sintomi più importanti (dimagrimento, vomito, dolori acuti alla parte superiore dell'addome), è opportuno
consultare con urgenza lo specialista gastroenterologo, che indicherà gli esami di approfondimento necessari.
La
diagnosi di ernia iatale si effettua attraverso esami strumentali quali:
-
radiografia con bario della parte superiore del tubo digerente: questo esame consente di valutare la
capacità di ingoiare e la presenza di
eventuali ostruzioni, o anomalie, dell'esofago;
-
esofago-gastro-duodenoscopia: attraverso un tubo ottico munito di microcamere si esamina l'interno della parte superiore dell'apparato digerente per valutare lo
stato della mucosa dell'esofago e dello stomaco, verificando la presenza di eventuali erosioni o ulcere e per scoprire eventuali
complicazioni dovute al reflusso gastroesofageo, se presente.
Ernia iatale: la cura e i cibi da evitare
L'ernia iatale non ha bisogno di trattamenti se non provoca sintomi. Se questi ultimi, invece, sono lievi e identificati come reflusso gastroesofageo,
modificare l'alimentazione può dare sollievo.
Esistono infatti
alimenti che possono
peggiorare i sintomi, ovvero:
- cibi
piccanti o
speziati;
-
fritti;
-
grassi, come insaccati, alcuni formaggi, salse e burro;
-
alimenti irritanti come pomodoro, agrumi, menta, cioccolato, caffè, tè e alcol.
Ci sono poi alcune raccomandazioni di
stile di vita che possono alleviare la sintomatologia:
- smettere di
fumare;
- evitare l'uso di
vestiti aderenti;
- preferire
pasti poco abbondanti e frequenti;
- fare
attività fisica dopo i pasti;
-
non cenare poco prima di andare a dormire;
- evitare di sdraiarsi
nell'ora successiva al pasto;
-
sollevare la testata del letto quando si dorme;
- se il soggetto presenta problemi di sovrappeso od obesità, è necessario seguire un percorso di
dimagrimento seguito da un nutrizionista.
Se i cambiamenti nelle abitudini alimentari e l'uso dei farmaci di automedicazione non si dimostrano efficaci, il medico potrà prescrivere farmaci indicati per il reflusso gastroesofageo:
-
inibitori della pompa protonica che riducono l'acidità dei succhi gastrici;
-
antagonisti dei recettori H2 che bloccano l'azione dell'istamina sulle cellule dello stomaco diminuendo il rilascio di acido cloridrico e quindi l'acidità dei succhi gastrici.
Se anche la terapia farmacologica non sortisce effetto, potrebbe essere necessario
l'intervento chirurgico che, di solito, è effettuato in laparoscopia e in anestesia generale. L'intervento richiede una degenza di due o tre giorni in ospedale e una convalescenza da tre a sei settimane. I disturbi non scompaiono immediatamente dopo l'intervento: è possibile che gonfiore, meteorismo, eruttazione e difficoltà a deglutire persistano ancora per alcuni mesi; solo nell'1% dei casi è necessario ripetere l'intervento.